Cultura e società
A che ora si mangia?
Il pranzo della domenica italiana come patrimonio culturale
Martina Roncadi | 30.05.2024 | 3 minuti
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“L’idea della nonna che impasta, che tira la sfoglia. Che porta in tavola il nostro piatto preferito direttamente dalla teglia bollente: nessun’altra cultura al mondo è in grado di racchiudere così tante sfumature in un unico gesto”
Il pranzo della domenica in Italia. La bellezza di sedersi a tavola sapendo che qualcuno tra la nonna, o la mamma, sta per sfornare un piatto prelibato: uno dei rituali più potenti e importanti che ci siano per la nostra cultura. Sembrerà banale, ma non lo è affatto. Lo dice il New York Times, il quale ha dedicato un lungo articolo a questa tradizione ricca di gentilezza, fantasia e cultura. Un elogio alla lentezza e alla condivisione, capisaldi dell’italianità. Lo ha fatto attraverso interviste a personaggi di spicco della moda, della musica e dell’imprenditoria – da Ghali a Brunello Cucinelli – in cui raccontano le loro regole, tutte diverse, ma unite da un unico filo conduttore: la volontà di stare in famiglia. Qualcuno ha il suo ricordo, le sue tradizioni, che rimangono immutate nonostante il passare del tempo. Altri le hanno abbandonate, come racconta Frank Bruni, autore del pezzo, perché “l’Italia è cambiata per certi aspetti per il meglio, per altri perché le persone sono più indaffarate”.
Si è modificato quindi l’approccio, ma non la sacralità del rito, che continua a essere centrale nelle vite degli italiani nonostante lo stile di vita oggi sia diverso.
“Il cibo è il più grande gesto d’amore. Connette le persone”. A dirlo è Nilufar Yashar, fondatrice di Nilufar Gallery – spazio espositivo di design storico e contemporaneo con sede a Milano – proprio nell’articolo del New York Times.
Se è vero, come dice Bruni, che le persone sono più indaffarate, lo vediamo nel linguaggio – prima ancora che nelle abitudini alimentari. Alzi la mano infatti chi non ha mai utilizzato l’espressione “pranzo veloce”. Un pranzo veloce con i colleghi, perché la pausa pranzo è corta e si deve trovare l’opzione più rapida possibile; un pranzo veloce tra una commissione e l’altra, che si trasforma spesso in un panino o un’insalatona al bar. Un pranzo veloce, un brunch con le amiche tra una sessione di shopping e l’altra – basti pensare a cosa rappresenta il Blue Water Grill per le ragazze di Sex and The City. Non solo pranzi veloci, ma anche per l’appunto brunch, fast food e take-away hanno rivoluzionato il nostro modo di intendere i pasti, e di conseguenza anche quello della domenica.
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D’altronde, nonostante la bontà del nostro territorio sia acclamata in tutto il mondo – bontà che passa attraverso l’egemonia del vino e dei sapori della nostra terra – inevitabilmente è cambiato anche il nostro modo di approcciarci al cibo, internazionalizzando il nostro palato a gusti che, fino a poco tempo fa, erano totalmente sconosciuti. Penso al dilagare dei ristoranti di sushi una ventina d’anni fa, prima al Nord Italia e poi nel resto del paese, o alle cucine internazionali, come quella greca, libanese, marocchina, che non solo hanno modificato la nostra percezione del gusto, ma hanno assunto un valore sociale specifico, che mantiene viva la volontà di condividere un pasto in compagnia.
La connessione, quindi. È questa la ragione che sta al centro del pranzo della domenica. Condividere cibo, tempo e storie insieme alla propria famiglia. Il senso dell’unione familiare, che è assente in molte zone del mondo – nei Paesi Scandinavi, per esempio, i figli se ne vanno di casa in media a 17 anni. Non sarà quindi un caso se, noi italiani, veniamo definiti “mammoni”. Ma dietro a questa parola si cela qualcosa di più profondo, una sorta di “cordone ombelicale” con la famiglia che è difficile da staccare perché passa anche – e soprattutto – attraverso il cibo. Nonostante il termine venga utilizzato principalmente con una connotazione negativa, noi mammoni veniamo idolatrati proprio per questo: in una recente intervista fatta a Davide Maggi, CEO e founder di Cesarine – se ve la siete persa, potete leggerla qui – la community estera che decide di provare un’esperienza con loro racconta la piacevolezza dello stare insieme. La bellezza e la curiosità di conoscere le storie delle famiglie italiane, che passano attraverso usi e costumi sempre diversi, senza dimenticare chiaramente di assaporare la bontà della nostra cucina.
L’idea della nonna che impasta, che tira la sfoglia. Che porta in tavola il nostro piatto preferito direttamente dalla teglia bollente; che ha un ricettario segreto in chissà quale angolo della casa, e che verrà poi tramandato di generazione in generazione solo una volta che la morte sarà sopraggiunta. Nessun’altra cultura al mondo è in grado di racchiudere così tante sfumature in un unico gesto: l’atto del mangiare seduti a tavola per più di dieci minuti e in compagnia.
La sinfonia dei piatti che passano sulle tavole domenicali si trasformano quindi in veri e propri capolavori di gusto: dagli agnolotti piemontesi al frico friulano; dalle lasagne alla bolognese ai pici toscani. O ancora, gli spaghetti alla carbonara a Roma e le braciolette al sugo a Napoli, e così via. Ogni regione, città, provincia, zona d’Italia ha una storia tutta sua, che viene raccontata e rivisitata dalla famiglia d’origine.
Il pranzo della domenica è diventato, oggi, un solo pretesto per stare insieme. Potrebbe essere anche la pizza del giovedì, non importa. Per gli italiani “pranzo della domenica” significa ritrovarsi tutti seduti allo stesso tavolo addentrandosi in conversazioni infinite e una non quantificabile montagna di cibo.
Abbandonati gli spuntini fugaci durante la settimana lavorativa, sedersi a tavola per un lasso di tempo prolungato e continuativo, è diventato un atto di resistenza e generosità, che tramanda una cultura unica al mondo – quella italiana – facendola conoscere, e apprezzare, a chi non ha ancora avuto modo di sperimentarla.